L’attacco di panico, che è un disturbo che potremmo definire quasi endemico nella nostra società, colpisce sia uomini che donne… del resto si sa la paura è alquanto democratica!
MA CHE COS’È IL PANICO?
È la forma più estrema della paura, è una reazione che viene innescata a fronte di un pericolo reale o presunto. Il voler controllare la paura, in rapida progressione, porta poi alla sensazione di totale perdita di controllo, fino ad arrivare all’attacco di panico.
Il sentirsi terrorizzati, il cuore che batte come fosse impazzito, il respiro che diventa sempre più affannoso fino a sentire il soffocamento, il non riuscire più a controllarsi, fino ad arrivare ad avere paura di morire sono queste alcune delle sensazioni riferite.
Nello specifico secondo le linee guida del DSM IV si può parlare di attacco di panico in presenza di almeno 4 dei sintomi che seguono:
Questi sintomi raggiungono il loro culmine in 10 minuti e di solito scompaiono dopo qualche minuto.
Ciò che determina l’attacco d’ansia non è tanto l’evento iniziale, (la reazione di panico può manifestarsi in determinate situazioni e luoghi o, talvolta, può essere imprevedibile), quanto le tentate soluzioni che la persona mette in atto nel tentativo di sfuggire alla paura e le successive reazioni emotive e somatiche
Chi soffre di questo disturbo, con l’intento di far fronte alla situazione in cui si trova, tende a controllare le proprie sensazioni e reazioni, ma proprio tale tentativo finisce per far perdere il controllo; infatti, con l’intento di contenere le proprie reazioni, sia fisiologiche che comportamentali, la persona comincia ad ascoltare costantemente il corpo (respiro, battito cardiaco, sudorazione, ecc) con il risultato che queste reazioni iniziano ad aumentare proprio come una profezia che si autoavvera.
Inoltre lo sperimentare più attacchi di panico, solitamente, conduce all’istaurarsi di ansia anticipatoria, per cui la persona vive con la costante paura che l’attacco stesso possa riproporsi e in funzione di ciò mette in atto tutta una serie di evitamenti precauzionali.
L’evitamento delle situazioni o dei luoghi che creano ansia, sebbene lì per lì salva, poi conduce al sentirsi imprigionati sempre più. Ciò che inizialmente sembra essere funzionale poi finisce per minare la propria autonomia compromettendo fortemente la qualità della vita sociale e relazionale della persona.
Una volta attivato il circolo vizioso degli evitamenti, spesso, una seconda modalità attuata per far fronte al presentarsi di un altro attacco d’ansia riguarda la costante richiesta di aiuto e di rassicurazione a parenti o amici. Tale modalità si rivela controproducente in quanto mina l’autonomia personale, fino al punto di non riuscire a far nulla senza la presenza della “stampella” che sostiene, ma che al tempo stesso invalida in quanto conduce la persona ad avere sempre meno fiducia nelle proprie capacità.
“Guarda La paura in faccia e cesserà di turbarti” Sri Yukteswar.
Dott.ssa Valentina Guarasci – Psicologa Versilia.
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