Il termine depressione è spesso usato per indicare una serie di differenti stati dell’umore; esso è un disturbo in larga diffusione si calcola, infatti, che ne soffrano 15 italiani su 100.
Si può affermare che la depressione rappresenta la rottura di un equilibrio funzionale, provoca tristezza, abbattimento, mancanza di voglia di fare, perdita di interesse, incapacità di tornare ad essere ciò che si era stati. Questo disturbo sembra costruirsi a partire da un pensiero strutturato per cui la persona si sente vittima rispetto a qualcosa che non può combattere o superare e per questo decide di rinunciare.
La rinuncia è proprio uno dei concetti cardine, essa riguarda il rifiuto a mettere in atto qualsiasi forma di reazione di fronte alle difficoltà che la vita presenta, metaforicamente può essere rappresentata con la barca lasciata alla deriva, senza rotta, remi e vele. A questo punto la persona, sentendosi vittima, si percepisce come colei che subisce la realtà convinta di non avere le risorse per cambiare le cose e in relazione a ciò, pian piano, comincia ad estendere questo modo di sentire a tutte le aree della vita.
Ma come si può sviluppare un disturbo depressivo? La depressione può manifestarsi in seguito ad un accadimento devastante (esempio: un lutto, una perdita, un tradimento, una malattia con effetti a lungo termine, un insuccesso personale o professionale, un disturbo psicologico, ecc..), o in base ad una graduale costruzione di un senso di insoddisfazione per la propria esistenza. In relazione a ciò risulta comprensibile come una persona che si trovi a vivere determinate esperienze dolorose e stressanti sentendosi impotente possa poi reagire sviluppando differenti sintomi (insonnia, apatia, ritiro dalla vita sociale, anedonia, mancanza di appetito, ecc..), fino ad arrivare ad abbandonare le attività ritenute un tempo piacevoli e/o a delegare agli altri attività quotidiane.
A tal proposito è importante evidenziare come la rinuncia messa in atto da chi soffre possa assumere diverse forme, infatti, la persona può:
In un ottica strategica si interverrà schiodando letteralmente la persona dalla posizione vittimistica, facendole sentire che, come insegna Honorè de Balzac, “la rinuncia è un suicidio quotidiano”. È la persona stessa che pian piano diviene responsabile del suo cambiamento, così da arrivare ad abbassare quelle lenti cupe che per troppo tempo ha indossato. Importante diviene porre attenzione su quelle che sono le modalità di soluzione fallimentari messe in atto sia dalla persona che dal sistema, spesso, infatti, ci si perde alla ricerca delle cause del problema dimenticando di agire su ciò che invece mantiene il disturbo.
“Il male che ci tormenta non è nel luogo dove ci troviamo, ma in noi stessi”. Seneca
Dott.ssa Valentina Guarasci – Psicologo Versilia
Bibliografia:
Watzlawick P. et al., “Change: la formazione e la soluzione dei problemi“, Astrolabio, Roma, 1974
Muriana E., Pettenò L., Verbitz T., “I volti della depressione“, Ponte alle Grazie, Milano, 2006
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