I capricci dei bambini mettono spesso a dura prova gli adulti, soprattutto di fronte a reazioni che vengono percepite come anomale o non adeguate alla situazione e così attivano nei grandi reazioni, ugualmente, impulsive e irrazionali dettate da un senso di frustrazione e di incapacità.
La comparsa dei capricci solitamente è intorno ai due-tre anni di vita, infatti, è in questa fase che i bambini sono fortemente centrati sul proprio io, sui propri desideri e bisogni, e questo fa si che essi percepiscano il loro punto di vista come l’unico possibile. Tali comportamenti bizzarri sono, quindi, la manifestazione di una difficoltà che altrimenti non saprebbero come esprimere e questo diventa chiaro se riflettiamo sul fatto che non esiste nessun bambino che metta in atto un capriccio quando si trova da solo: i capricci si strutturano sempre in presenza di un adulto.
In funzione di ciò è possibile affermare che queste sono delle modalità comunicative e relazionali che vengono usate per ottenere l’attenzione dell’adulto, per soddisfare i propri bisogni e per esprimere un disagio. Può accadere che il bambino che non vuole sottostare alle regole si ribelli a spazio e tempi, per cui ad esempio all’ora del pranzo scappa ovunque o all’ora del sonnellino si ribella; ma non solo, il bambino, in quanto accentratore, può non sopportare che l’attenzione non sia costantemente focalizzata su di lui e per questo attua dei veri e propri drammi, buttandosi a terra, piangendo, battendo i piedi, lanciando oggetti o arrivando a vomitare.
Cosa provoca tutto ciò nei genitori? Solitamente la sensazione che predomina oltre alla frustrazione è quella di essere stati messi sotto scacco a livello emotivo, ma la “sofferenza” del proprio bimbo spesso offusca e questo fa si che vengano messe in atto delle risposte disfunzionali, dettate e sollecitate anche da altri motivi (ad esempio dopo una giornata di lavoro, un capriccio può essere mal tollerato e per placarlo il genitore può decidere di assecondarlo). L’effetto, però, sarà sempre lo stesso, ovvero quello di far apprendere al bambino che l’attuazione di comportamenti capricciosi e ribelli addolciscono il genitore e gli permettono di arrivare al suo obiettivo.
E se tutto ciò non bastasse? Allora un utile strategia da attuare può essere quella di “frustrare” dolcemente il comportamento sintomatico del bambino, dichiarando, ad esempio, con voce calma e determinata: “Quando avrai finito di fare i tuoi capricci giocheremo assieme”. Dopo aver detto ciò il genitore deve allontanarsi, così da evitare il contatto fisico, e mantenere il contatto visivo. Solitamente il bambino reagirà inizialmente esasperando il proprio comportamento, ma poi nell’arco di qualche minuto si calmerà e cercherà di ristabilire il contatto affettivo con il genitore.
“Cambiando il modo di comunicare e lo stile relazionale, oltre alle azioni, gli effetti possono essere stupefacenti” G. Nardone
Dott.ssa Valentina Guarasci – Psicologa on line
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